L’architettura, come habitat, e più in generale, la composizione del tessuto urbano è stata per troppo tempo considerata come se avesse raggiunto il suo culmine al momento della consegna. In realtà, non c’è niente di più flessibile ed espansivo. Usa l’architettura e il suo rapporto con il tempo come mezzo narrativo. Questo pezzo si nutre della riflessione di Yona Friedman sulle città spaziali, (L’architecture Mobile, 1970) dove come rendere la città di domani più modulare, si interroga sulla capacità degli edifici, un tempo rigidi, di sviluppare una funzione più flessibile all’interno della città. Ma si interroga anche sulle possibilità di uno sviluppo urbano stratificato, non accontentandosi di estendersi in 2D, ma sviluppandosi nelle quattro dimensioni, in modo che queste ramificazioni del piano urbano consentano di abitare la mobilità.