Livio Ninni

Livio Ninni

Livio Ninni nasce vicino a Torino nel 1989.

Studi ed esperienze concentrano il suo lavoro in ambito grafico e fotografico ma è tutt’ora in corso il suo percorso di studi in Nuove Tecnologia dell’Arte all’Accademia Albertina di Torino. I suoi principali interessi lo portano a dedicarsi all’arte urbana e al graffiti/writing a livello documentaristico e artistico. Realizza infatti diversi reportage fotografici in molte città italiane indagando il fenomeno artistico e concentrandosi sull’azione di artisti e writer all’interno di spazi abbandonati. Nel 2015 entra a far parte dell’ Associazione culturale e collettivo artistico Il Cerchio e le Gocce di Torino, iniziando a collaborare con alcuni tra i maggiori esponenti italiani dell’arte urbana tra i quali: Corn79, Etnik, Fabio Petani, Giorgio Bartocci, MrFijodor e Vesod. Ha esposto in diverse gallerie italiane, coinvolto in mostre personali e collettive. Ha partecipato a residenze artistiche di cui una presso il Museo di arte contemporanea di Catanzaro. Diversi suoi lavori sono presenti in collezioni private.

PENSARE-PAESAGGIO

Riportare la natura entro ciò che resta dell’attività antropica diviene un atto di resilienza, nonché un esercizio di resistenza ecologica. Il paesaggio che si crea rompe gli schemi culturali canonici, spezza quella suddivisione dello spazio in rigide categorie in base alla propria funzione. 

Si definisce davanti ai nostri occhi l’immagine di un’utopia spaziale che crea un’interferenza nell’immaginario umano appiattito, omologato e inaridito. Il reale viene ripensato attraverso un linguaggio poetico la cui sintassi è costituita da rami bianchi e fili rossi; i primi rappresentano la forza, nonché  nel loro bianco candore la purezza e la neutralità, dell’elemento naturale che riesce a non

farsi sopraffare dall’attività umana e che resta collegato alle strutture materiche residuali attraverso rubre nervature, simbolo di un nuovo flusso vitale. I segni grafici, ovvero quelle linee minimali che nelle opere di Ninni fanno eco ai profili architettonici o ai tratti gestuali, negli interventi installativi si trasformano in elemento naturale: il ramo diviene la reificazione dell’intervento pittorico, la traccia del passaggio dell’artista, il tratto che evidenzia la mutazione del luogo nel tempo. 

Testo a cura di Maria Chiara Wang, tratto da RESIDUI #5

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