Riportare la natura entro ciò che resta dell’attività antropica diviene un atto di resilienza, nonché un esercizio di resistenza ecologica. Il paesaggio che si crea rompe gli schemi culturali canonici, spezza quella suddivisione dello spazio in rigide categorie in base alla propria funzione.
Si definisce davanti ai nostri occhi l’immagine di un’utopia spaziale che crea un’interferenza nell’immaginario umano appiattito, omologato e inaridito. Il reale viene ripensato attraverso un linguaggio poetico la cui sintassi è costituita da rami bianchi e fili rossi; i primi rappresentano la forza, nonché – nel loro bianco candore – la purezza e la neutralità, dell’elemento naturale che riesce a non