Gabriele Zago: il vincitore del Premio Interni Bonetti si racconta

GEOCARPET_Nati per leggere_lug2016Le tue coordinate anagrafiche e geografiche.

Gabriele Zago nato l’11 febbraio 1979 a Borgosesia.

Quale tipo di percorso formativo hai seguito, lineare o atipico?

Ho sempre cercato stimoli creativi nel disegno, nella pittura e nella fotografia, sono sempre stato molto curioso di sperimentare nuovi strumenti per esprimermi artisticamente. La scelta di frequentare il Liceo Artistico è stata naturale e ho proseguito la mia formazione nell’ambito del design e della grafica pubblicitaria. La contaminazione tra differenti approcci creativi mi ha portato a provare nuovi linguaggi di comunicazione, soprattutto attraverso la fotografia.

Hai un mezzo espressivo o una tecnica privilegiata?

La fotografia è il mezzo espressivo attraverso il quale riesco ad esprimermi al meglio. Lo scatto fotografico però è solo l’incipit del mio lavoro. Mi piace rielaborare le immagini aggiungendo contenuti grafici che potenziano il messaggio che voglio trasmettere.

GEOCARPET 1862 ©Gabriele Zago
GEOCARPET 1862 ©Gabriele Zago

Da dove scaturiscono le idee di nuovi progetti o lavori, cosa è che ti ispira maggiormente? Attualità, letture, circostanze casuali oppure ossessioni?

Ho avuto la grande fortuna di crescere in una famiglia che mi ha trasmesso la passione per i viaggi che poi è incrementata soprattutto in età adulta. Il desiderio di conoscenza e l’opportunità di entrare in empatia con persone e luoghi fanno nascere in me la necessità quasi ossessiva di catturare con uno scatto determinate circostanze. Tale passione prende forma in progetti indissolubilmente legati proprio a questi momenti vissuti.

 

PARADOX_Nov2016
Una foto della mostra “Paradox” durante ParatissimaXII .

Nel tuo fare arte cosa è inevitabilmente ricorrente come stile, materiale, forma, soggetto o messaggio.

Una delle caratteristiche che si può trovare nei miei lavori è sicuramente il dichiarato intervento digitale dello scatto fotografico originale. Mi piace scattare con un’impostazione “accademica” proprio per avere poi maggiore libertà di intervento attraverso la post-produzione digitale. Ogni scatto è arricchito da un segno grafico che trasmette un messaggio che a volte è chiaramente distinguibile, altre invece, richiede un’analisi più approfondita per essere compreso. La mia ricerca consiste nel contaminare la fotografia con contenuti grafici estranei allo scatto ed è un tentativo di dissacrare e scardinare la percezione classica e tradizionale della fotografia per scuotere e suscitare reazioni distoniche e contrastanti.

SPECTRUM OF A JOURNEY © Gabriele Zago
SPECTRUM OF A JOURNEY ©Gabriele Zago

I tuoi punti di riferimento artistico.

I principali esponenti della Pop Art combinati ai più grandi fotoreporter sono stati riferimenti importanti durante la mia formazione. In questo periodo sono molto affascinato dalle opere degli artisti cinesi e giapponesi contemporanei, ammiro il modo in cui riescono e sintetizzare e rendere attuale la loro simbologia e iconografia tradizionale.

 Stai lavorando ora a qualche progetto in particolare?

L’ultimo progetto affrontato, lo stesso che presenterò in anteprima alla mia personale presso Interni Bonetti, è una serie di 6 ritratti scattati durante un mio recente viaggio in Indocina; le fotografie mettono in scena le identità dei soggetti attraverso un linguaggio grafico inedito.

Cosa è indispensabile per un artista agli esordi?

Credo che la cosa più difficile per un artista sia riuscire a trovare la propria unicità. Per trovare una propria identità e un proprio linguaggio ritengo sia necessario lavorare d’istinto, allontanandosi dalle tendenze del momento. Individuare un contenuto forte ed incisivo deve essere la base della propria ricerca. Metabolizzarlo e interiorizzarlo deve essere una naturale operazione per rendere convincente e credibile il progetto.

STREAM OF CONSCIOUSNESS_Okavango © Gabriele Zago
STREAM OF CONSCIOUSNESS_Okavango ©Gabriele Zago

 Il rapporto/confronto tra artista emergente e curatore: necessario, occasionale o superfluo?

L’occhio del curatore può aiutare l’artista emergente a fare ordine nei propri pensieri; quando esso è occasionale e si instaura il giusto feeling può trasformarsi in un incontro decisivo. Nella mia recente collaborazione con le giovani curatrici Maria Azahara Hernando e Simona Cirelli nell’ambito di Paratissima, dialogo e confronto diretto ci hanno portato grandi soddisfazioni.

Sei stato il vincitore del Premio Interni Bonetti istituito in occasione di #Paratissima12 su oltre 500 partecipanti. Quali possibilità ti ha aperto questo riconoscimento?

Paratissima mi ha dato l’opportunità di mettere in una vetrina molto vasta alcune tra le mie opere; migliaia di persone sono venute in contatto con esse e già questa è stata una forte occasione di confronto. L’aver ricevuto questo riconoscimento è stato molto gratificante e mi darà l’opportunità di allestire una mostra personale presso Interni Bonetti, uno spazio da sempre attento alle nuove tendenze e all’arte “giovane” nel Centro di Torino. Collaborare con Renata Bonetti ed il suo staff e poter esporre in un contesto così interessante sarà senza dubbio un’esperienza unica.

A giugno inaugurerai la tua mostra presso Interni Bonetti. Puoi darci qualche anticipazione a riguardo?

La mostra sarà costituita da una raccolta di opere del mio percorso artistico degli ultimi due anni, in cui il tema del Viaggio sarà il filo conduttore. Si potrà “viaggiare” dagli Spectrum of a Journey del Rajasthan ai Geocarpets scattati da un biplano in Botswana, dagli Stream of Consciousness nati dalle mie esperienze in posti unici tra cui le Isole Galàpagos, l’Ecuador, l’Australia e il Nepal, fino ad arrivare all’ultimo progetto ancora inedito presentato per la prima volta in quest’occasione, We Share Pain We Share Joy, nato da un mio recente viaggio in Indocina.

 

 


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