Il suo lavoro cresce su sè stesso, la forma sfonda tutti i discorsi e le logiche interconnesse del sistema estetico occidentale, la parergonalité stessa forma una mappatura radiale a più punti ̶ una mappatura del tutto ̶ attraverso la sua pura combinazione di qualità e quantità. Le stecche di legno vanno oltre la cornice, oltre ogni scopo, oltre le regole della scala umana e ogni desiderio di imporre, formando una linea di taglio di pura bellezza fluente.
L’inserimento di oggetti di scarto apre la porta alle rovine, agli strati nefasti e alle contraddizioni presenti nella nostra società, al possesso e all’abbandono delle cose materiali, agli eccessi del desiderio come nuova egemonia mondiale nascosta, di cui il lavoro di Armetta intende essere un avvertimento.
Nella serie di opere più recenti ha scelto di incorporare l’acquerello nel gesso, alterando la connessione tradizionale tra dipinto e muro, in una fusione che rompe e sfida la consolidata “scatola bianca” del luogo della mostra. Le installazioni che sorgono da terra si fanno eco l’una con l’altra all’interno della stanza, lo spirito umano influenza il cambiamento dello spettacolo e il respiro tra l’estetica violenta delle opere traspone in un quadro utopico di auto-disillusione. Ancora una volta, le opere inserite nei muri, o più precisamente le membra spezzate che si estendono dagli edifici del sito espositivo, rappresentano simbolicamente il paesaggio urbano incompiuto e abbandonato che, come l’eredità dell’era industriale, è uno shock costante per occhi e sensi. Tagliente e intoccabile, è un problema sociale inaccettabile e molto reale in sé.
Testo a cura di Mengyin Wang.