Fabiola Colla

Fabiola Colla

Fabiola Colla è un’artista visiva nata a Torino e residente a Bologna.

Diplomata in Decorazione, presso l’Accademia Albertina di Torino è attualmente studentessa del corso di Fotografia presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna. Ha esposto nel 2019 presso Paratissima, nel corso della collettiva “phOcus About Photograpy”. Nel 2022 il suo lavoro è stato pubblicato nel tabloid di Fotografia Europea “DiciottoVenticinque” e ha esposto alla collettiva “Artefici del nostro tempo” presso Forte Marghera.

SARÈ

44°42’N10°38’E

Il lavoro di ricerca

La ricerca di Fabiola si focalizza sulla tematica del tempo, che come filo conduttore, partendo dalla fotografia, medium prediletto, si affaccia anche alla video arte, alla sound art, alla performance e all’installazione. Attraverso questa interdisciplinarità, intende indagate l’ineluttabilità del passare del tempo, il rapporto con il suo fluire e la costruzione della nostra identità in rapporto con esso.

To keep - To leave

A volte le parole inglesi servono a racchiudere in un unico termine le mille nuance di significato di un intero gruppo di sinonimi italiani.

To keep come tenere, mantenere, trattenere, conservare, custodire.

To leave come abbandonare, lasciare, andarsene, dare in custodia.

Fabiola Colla accompagna lә fruitorә sul doppio binario semantico che la sua installazione fotografica-performativa porta con sé. Colla oggi chiede allә fruitorә di custodire il dono della perdita, di trattenere a sé il regalo del lasciare andare. Abbandono, scrive la cameriera di poesie Claudia Fabris, c’è dentro un dono / ma non te ne accorgi.

Solo qualche mese fa, l’artista decide di aprire gli innumerevoli faldoni impolverati che affollano gli scaffali di casa. Dentro sono conservati altrettanti infiniti e minuscoli negativi che suo padre, fotografo a sua volta, aveva raccolto e preservato dall’oblio tra gli anni ‘60 e ‘70, nel pieno della propria gioventù. Il periodo della residenza artistica di Colla è stato trascorso nel decidere come trattare questi oggetti, che parlano di una storia che non le concerne – avvenuta prima della sua nascita – ma che al contempo è estremamente personale.

Da una parte, il desiderio conoscere, scoprire, ripercorrere tracce silenti di una storia fatta per immagini; dall’altra la spinta verso la negazione di questa bramosia, la ricerca di un’astensione dal giudizio, la necessità di lasciare andare una vita che, sì, fa parte di lei ma non la riguarda: così si apre il percorso nell’installazione di Fabiola Colla, mettendo alla mercé dellә fruitorә il diario dei propri pensamenti, delle proprie spinte interiori.

Un passo più avanti e si apre il varco della congiunzione. L’unica storia di cui attraverso l’immagine si ha i termini per parlarne inizia nell’attimo in cui, ancora bambina, dal padre eredita la passione per la fotografia. Con una macchina fotografica a rullino, di quelle che non si usano più, intorno ai sette anni d’età Colla inizia a scattare fotografie di paesaggi familiari. Come allora nella dimora paterna, oggi le stampa in camera oscura e lo fa sulla carta custodita dagli anni ‘70 in quei polverosi faldoni.

È questo il punto focale di tutto il percorso. Il custodire, il prendersi cura, il trattenere ciò che si ha la forza di lasciare andare. Con la sua performance Colla fa allә fruitorә il dono della perdita, regalando negativi, frammenti di una storia che non appartiene a lei come a nessun altrә che quel dono riceve. Eppure si tratta di uno squarcio di vita che, poiché esente da una narrazione univoca, può tutte le storie narrare, può a tuttз appartenere.

Del resto, il dono, in inglese come in italiano, è un presente. Colla non fa che chiedere allә fruitorә, offrendoli in regalo, di custodire gelosamente gli attimi del proprio presente.

A cura di Stefania Dubla

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