Federico Masini

Federico Masini

Federico Masini è un fotografo residente a Torino, e spesso in viaggio.

Appassionato di filosofia nietzschiana, le sue fotografie sono state pubblicate su importanti testate italiane e internazionali. Vincitore del premio Imagenation al Liquida Photofestival 2022 e in shortlist nel concorso Critics’ Choice 2022 di LensCulture, il suo lavoro è stato esposto, tra gli altri, all’East London Photography Festival 2018, al Liquida Photo Festival 2022, a Imagenation Milano 2022, al PHOS nel 2017 e nel 2022, alla ArtGallery37 nel 2017. Nel dicembre 2022 ha tenuto la sua prima mostra personale a Torino presso lo Spazio Musa.

Lavora e/o ha lavorato con Amaro Montenegro, British Airwais, Kappa, Fiat, José Cuervo, FuturFestival, Movement Festival, FDS e altre situazioni cool.

IG: @fede.s.masini

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They Return To Their Earth

Nella storia dell’arte il rapporto fra corpo e paesaggio è stato declinato stabilendo una sorta di gerarchia del dramma. Il corpo è sempre stato qualcosa di “storico”, mentre al paesaggio si è a lungo concesso uno statuto autonomo, idilliaco molte volte, rasserenante altre, di cornice altre ancora, di dolore in alcuni casi. Perché il capro espiatorio, oppure il feticcio del dramma o, al contrario, dell’utopia era sempre il corpo: un corpo su cui l’occhio dell’osservatore era costretto a soffermarsi per la sua preponderanza, per le sue specificità, fossero esse di bellezza ed equilibrio o di decadenza e caducità. Nel lavoro di Federico Masini il paradigma si inverte. 

Innanzitutto va sottolineato che per Masini il corpo femminile non rappresenta l’erotismo: è altro. Si tratta di qualcosa di complesso, che riguarda una ricerca intorno alla dimensione dell’umano, di ciò che si palesa sul palcoscenico dell’esistenza e che deve trovare il proprio posto all’interno di una scacchiera che va costruendosi di pezzo in pezzo, in cui umano e naturale si intrecciano e finiscono per fondersi in un’unica narrazione. Ciò che troviamo in queste immagini concerne quello che con una semplificazione estrema si potrebbe definire “un umano del giorno dopo”, che si palesa quando le cose sono già accadute e l’irrimediabile (sia esso positivo o negativo) si è già consumato. Le immagini di questa mostra si situano a metà strada fra l’onirico e il drammatico, fra l’utopico e il distopico: c’è, insomma, la capacità di sintesi che il fotografo mette in scena fermando il proprio sguardo laddove inizia quello dell’osservatore.

La strategia narrativa riesce, infatti, a fondere due “bellezze”, quella della natura e quella del corpo, per fonderle in una storia che parla di noi, della nostra esistenza, del nostro vivere in bilico sul costante baratro della fine. Mai quanto oggi il nostro corpo, oltre che, ovviamente, la nostra coscienza, è chiamata a fare i conti con la finitezza delle risorse, con un ambiente che abbiamo sempre dato per scontato, e che, invece, ogni giorno è messo a rischio dai nostri medesimi comportamenti. E in queste immagini è proprio raccontato ciò che accadrebbe – accadrà? – se continuassimo così. Noi stessi, con la nostra carne e le nostre ossa, con la nostra fisicità, con le nostre aspirazioni, ci troveremmo di fronte a un palcoscenico desertificato, a una solitudine nella quale tutto quello che siamo perderebbe di significato perchè si troverebbe immerso in un silenzio assordante.

Nello sguardo fotografico di Masini si condensa un corpo che finisce per diventare universale, per rappresentare, anche nei suoi rimandi alla pittura simbolista, un’entità assoluta che racchiude nel particolare l’universale. In queste immagini che possiamo definire come non risolte sta tutto l’intento di sollecitare una riflessione in grado di muoversi da un interrogativo: qual è il mio ruolo in tutto ciò? È questa la domanda che chi guarda le fotografie di Masini finisce per porsi, senza trovare però una risposta urlata, quanto una suggestione, una scintilla che può essere recepita o meno. Il compito dell’artista è di sollecitare delle domande, indurre un’interruzione nel flusso di pensieri del quotidiano e provocare una sorta di salto di qualità dal ragionamento semplicistico alla complessità. In questa serie di fotografie, la semplicità del corpo inserito nella natura costringe a fermarsi e a deviare il proprio ragionare dalla discesa semplice verso approdi tranquilli, a un cammino più tortuoso, meno facile, ma più utile.”

Testo a cura di Marco Albeltaro

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