Ground Control – Maria Mavropoulou

MARIA MAVROPOULOU

Maria Mavropoulou è nata nel 1989, vive e lavora ad Atene, in Grecia.

È un’artista visiva che utilizza principalmente la fotografia fino a inglobare le  nuove forme dell’immagine fotografica, tra cui le tecnologie VR e le immagini catturate tramite schermo. Il suo lavoro e la sua ricerca si concentrano sulle nuove realtà create dai dispositivi e sulle contraddizioni tra il fisico e gli spazi digitali che abitiamo.

Maria Mavropoulou lavora anche come fotografa freelance specializzata in architettura e fotografia di interni e collabora con il New York Times.

A Hollow Garden

Maria Mavropoulou sviluppa “A Hollow Garden” durante la pandemia.

Durante il lockdown trascorso insieme al suo compagno, inizia a fare lunghe passeggiate nei boschi intorno alla casa in cui abitano, trascorrendo così molto più tempo all’aperto che tra le mura domestiche e ammirando la fioritura primaverile della natura.

Tuttavia, parallelamente emerge in lei la consapevolezza di come la loro vita sociale, il lavoro e i momenti di svago si muovano più all’interno di ambienti virtuali collegati agli schermi, sempre più presenti nella loro vita, creando di fatto un universo parallelo in cui tutto migra verso il mondo digitale, facilitato da tecnologie in continua evoluzione.

“A Hollow Garden” rappresenta il tentativo di trovare un modo per intrecciare queste due situazioni opposte, questi due diversi modi di esistere, reale e virtuale, cercando di raggiungere un punto di equilibrio per cui un giardino può esistere nel mondo digitale non solo come una rappresentazione vuota di esso, ma come entità autonoma.

Maria sperimenta con la scansione 3D (resa possibile da un sensore LiDAR sul suo smartphone) e documenta l’ambiente di tutti i giorni, la natura, la casa, se stessa e il suo compagno.

Tutte queste tecnologie, come VR, AR, scansioni 3D, fotogrammetria e mappe di profondità consentono di catturare solo ciò che è in prossimità, mentre l’orizzonte è sempre assente. L’estetica delle immagini prodotte è dunque frammentata e soggetta a errori: nella traduzione degli oggetti fisici nei loro “gemelli digitali”, infatti, emergono lacune, buchi, macchie scure, parti mancanti e pixel persi che moltiplicano il punto di vista all’infinito e sfuggono alla prospettiva lineare.

A cura di Laura Tota

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