Lo spazio pubblico è continuamente chiamato ad adattarsi ai nuovi stili di vita e rappresenta un’opportunità concreta per sperimentare nuove forme urbane e sociali diventando così principio generatore di cambiamenti positivi sull’intero tessuto cittadino.
Intervenire sulla realtà creando manifesti fotografici, individuare i punti nevralgici e inutilizzati della vita urbana creando nuovi spazi di libera espressione e interazione, e fornendo un elemento di valorizzazione architettonica grazie alla partecipazione di coloro che, quotidianamente, vivono quei luoghi e da cui la progettazione urbanistica dovrebbe ripartire. Il punto di partenza è lo slogan affisso nel luogo di residenza: La Cavallerizza è di tutti.
Questo spazio è condiviso ha come obiettivo l’interazione con gli ambienti urbani caduti in disuso per sottolinearne la necessità di riqualifica, con l’obiettivo di indagarne le potenzialità esplorando quelle pratiche trasformative che si concentrano sul coinvolgimento attivo della collettività. Viene chiesto alla cittadinanza di identificare e definire i luoghi attraverso frasi relative alla gentrificazione e quindi significative per l’artista, avendone come risultato una parziale descrizione soggettiva.
L’opera diventa uno spazio espressivo residuo ma indispensabile, relativo a un terreno interessato dall’insediamento di un’architettura progettata e definita. Ha un carattere volutamente anarchico, privo di forma, ha un’ identità prefissata ma che muta seguendo il volere dei suoi visitatori, e infine si manifesta nell’esposizione come un paradosso: in uno spazio interno, nel luogo da dove tutto è nato, nella Cavallerizza nella quale l’interazione viene volutamente negata.
A cura di Giuditta Mottura e Arianna Sollazzo