Il Cerchio e Le Gocce

Il Cerchio e Le Gocce

Il Cerchio E Le Gocce è la prima associazione culturale italiana nata dall’interesse radicato per le culture underground, la street art e il graffiti writing.

Dal 2001 promuove progetti d’arte diffusa nello spazio pubblico, corsi di formazione e servizi creativi professionali per enti pubblici e privati. Fin da subito, l’associazione ha ricoperto un ruolo di mediazione tra istituzioni, artisti e comunità, aprendo la strada a tutti quei professionisti che oggi svolgono un compito fondamentale nella costruzione di progetti d’arte urbana in Italia.

Ad oltre 20 anni dalla sua fondazione, il Cerchio e le Gocce gioca ancora un ruolo da protagonista in una rivoluzione incisiva nel modo di intendere gli spazi cittadini, l’arredo urbano e la fruizione dell’arte fatta con e per le persone.

Grida il tuo nome

di Matteo Bidini

“Il muro della città su cui violare le regole di una società che riserva alla comunicazione luoghi e canali rigidamente stabiliti. Il muro appartiene a chi lo paga. La volgarità è tale solo se non si versa l’apposita tassa.”

     Torino Spray – Scritte sui muri della città 1976

 

 

 

Il graffiti writing prima e la street art poi, nella loro componente più spontanea, genuina e non autorizzata, sono movimenti socio-culturali che accomunano un vastissimo panorama di creativi, che spesso nulla hanno in comune tra loro se non il palcoscenico della strada.

Tutto ha inizio in un contesto sfrenatamente capitalista, ovvero gli Stati Uniti d’America degli anni ’60 ’70, quando nello spazio pubblico irrompono in maniera prepotente una sempre maggiore quantità d’immagini pubblicitarie, contribuendo a costruire quella distopica visione che Guy Debord identificò come società dello spettacolo. Oggi è normale pensare ad un panorama urbano invaso dalla cartellonistica pubblicitaria, da enormi schermi led o varie soluzioni creative che hanno il solo scopo di generare bisogni, ma all’epoca non era affatto scontato e questo massiccio bombardamento mediatico ha avuto risvolti anche inaspettati. È così che da una generazione di adolescenti senza mezzi, nasce in maniera del tutto spontanea una risposta uguale e contraria che ha come unico scopo l’autoaffermazione del sé attraverso la scrittura del proprio nome/tag nello spazio, il graffiti writing appunto. Il pensiero che sta alla base è semplice: non ho soldi per comprare lo spazio, quindi lo spazio me lo prendo. Da un’azione a metà tra anarchia e fascismo, nasce quello che oggi possiamo identificare come uno dei movimenti socio-culturali più longevi e globalmente diffusi che, fino a questo momento, la storia dell’arte ci ha permesso di osservare. È bene ricordare che il graffiti writing prende piede alla fine degli anni ’60 e da allora non si è più fermato, anzi, continua ad evolvere e contaminarsi; si diffonde per il mondo e si amalgama con i differenti background culturali che incontra, portando continuamente a nuovi approcci e soluzioni creative.

Facciamo un salto in avanti di qualche decennio e vediamo quanti settori sono stati contaminati dall’immaginario che il graffiti writing ha contribuito a creare: grafica, design, marketing, comunicazione, tipografia, architettura, stampa artigianale, editoria, web design e così via. Risultati sorprendenti che un ragazzino con uno spray in mano che scappa dalla polizia nella NY dei ’70, non avrebbe mai neanche potuto sognare. Nell’Europa di fine anni ’90 succede una cosa fino a quel momento impensabile; dall’incontro tra graffiti writing e internet nasce un nuovo codice, la Street Art. Se i graffiti fino a quel momento erano stati un linguaggio comprensibile solo da una nicchia culturale ristretta che i graffiti appunto li fa, adesso alcuni writer sentono l’esigenza di rivolgersi altrove e di parlare al mondo intero. È in questo momento che le lettere, ormai portate al limite dell’astrattismo per far fronte alla sempre maggiore repressione, si fanno immagine e i messaggi diventano immediatamente leggibili da chiunque abbia gli occhi per soffermarsi a guardarli. Il resto della storia la stiamo vivendo.

Oggi è facile essere artisti urbani, intraprendere una carriera professionale dipingendo muri, fare una mostra sulla Street Art, richiedere permessi per fare una facciata oppure organizzare una jam della domenica con gli amici a Parco Dora, ma non dimentichiamoci che tutto questo è possibile grazie a intere generazioni di uomini e di donne che non occupavano lo spazio per far parlare di sé sui giornali, per vendere un’opera in più o per farsi notare su Instagram. Lo facevano perché sentivano il bisogno primordiale di gridare al mondo “Io esisto”, perché non avevano un piano B, perché scappare dalla Polfer su un lungolinea ferroviario era comunque meglio dell’alternativa che il mondo offriva loro.
Sebbene con percorsi anche molto distanti, gli artisti de Il Cerchio e le Gocce vengono tutti fuori da quell’hummus lì. Alcuni dipingono muri da trent’anni, altri venti anni li anno d’età e raccolgono l’eredità di chi ha aperto i sentieri che loro oggi percorrono e portano avanti. Anche se con visioni dell’arte estremamente personali e non sempre conciliabili, questi autori hanno scelto di portare in strada la loro creatività perché mossi prima di tutto dal bisogno di farlo, dalla necessità di fare arte per e con le persone. Ci chiediamo se abitare un luogo voglia dire impossessarsene? Che sia su un treno, in strada, un luogo abbandonato o una mostra in galleria, questi artisti hanno già da tempo dato la loro risposta, mettendo in discussione il concetto stesso di proprietà dello spazio, abitandolo e ri-abitandolo ancora e ancora, imponendo una propria visione dell’arte che pretende di essere unica e profondamente autoriale. Indipendentemente dalle conseguenze, loro gridano ancora al mondo ‘Io esisto’.

 

Artisti in mostra:

Corn79 | Sara De Lucia | 

Mach505 | MrFijodor | Livio Ninni

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