Claudia Calderone

Claudia Calderone

Dopo la laurea in Biologia Molecolare, Claudia Calderone – aka Claudia Bouvier – inizia la sua carriera come fotografa documentarista nel 2016 con un’attenzione particolare verso i diritti umani, l’antropologia culturale e la storia. Collabora con diverse realtà tra cui il Centro per la democrazia e la riconciliazione nel Sud-Est Europa, il Centro Antiviolenza GOAP di Trieste, Amnesty International. Nel 2020 inizia a collaborare con un’agenzia di stampa internazionale, la Pacific Press Agency.

GIORDANIA, 2019

GRAN MAGAL TRIESTE, 2018

 Lavoro di ricerca

La costante necessità di percorrere le proprie domande, andando oltre la semplice realtà, spinge l’artista ad osservare le relazioni invisibili che si creano fra le persone e l’ambiente. Cogliere situazioni, anche inaspettate, volte a suggerirne scenari ipotetici che possano stimolare una memoria collettiva. La potenza della narrazione visiva sta nel movimento che compie, nella scelta delle storie, per raggiungere l’atto.

The Exhibition

Rifugio nell’immaginario

Emarginazione, senso di vuoto, introspezione, rimuginazione, rassegnazione, isolamento e fallimento sono alcuni degli aspetti della condizione umana indagati dalla fotografa Claudia Calderone. Il progetto Rifugio nell’immaginario si costituisce di una serie fotografica di 15 esemplari e di un video documentario ed ha come oggetto il dialogo con gli altri nei soggetti che, per ragioni differenti, si ritrovano in uno stato depressivo. Lo spazio inteso come luogo di confronto, di scambio ma anche come ambiente vitale in cui muoversi ed esistere, costituisce il mezzo mediante cui dare voce agli elementi comuni nelle vicende di persone con trascorsi complessi.

Calderone analizza le difficoltà connesse all’interazione tra il sé e l’altro attraverso il metaforico e dialettico rapporto tra l’apertura e la chiusura, i pieni e i vuoti di alcuni spazi abbandonati ricercando così un parallelismo con la psicologia e l’emotività umana. Un tunnel nero, finestre aperte o sbarrate, sedie, scritte sulle pareti e edere che si insinuano nella scena sono solo alcuni dei contenuti presenti nell’immagine fotografica. Gli oggetti immortalati vengono decontestualizzati in modo da rappresentare come gli individui si sentano spesso incompresi, in uno stato di disagio e fuori posto. I muri visibilmente rovinati che si sgretolano e i frammenti materici depositati sul pavimento mettono in evidenza la fragilità come condizione intrinseca dell’animo umano. Quello che ci vuole far percorrere Calderone è un itinerario difficile, intimo e personale che ognuno compie in maniera diversa e secondo il proprio passo, alla ricerca di una via d’uscita o di una zona di comfort.

La scelta di utilizzare il b/n, è un modo per enfatizzare le luci e le ombre, le speranze e le rassegnazioni, il bene e il male, l’inizio e la fine presente nelle storie raccontate.

Testo a cura di Margaret Sgarra.

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Steffen Peetz

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