Elisa Merra

About This Project

Elisa Merra

Elisa Merra

Elisa Merra (1999) nasce a Cerignola, in provincia di Foggia. Tra il 2018 e 2021 frequenta il corso di Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Foggia conseguendone il diploma. Decide poi di proseguire i suoi studi frequentando il corso di Pittura Arti Visive e formarsi all’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove attualmente vive e lavora.

Assuefazioni#_Ilsoleunatesta(1)

#ASSEFUAZIONE – IL SOLE UNA TESTA

It happens(1)

IT HAPPENS

The Exhibition
installazione scultorea_Elisa Merra

UNTITLED (OSCAR), 2022

L’assuefazione è un comportamento caratterizzato dalla necessità di somministrare al proprio organismo con continuità una determinata sostanza. Questa condizione consiste nella replica costante di un’azione al punto di condizionare fisicamente e psicologicamente una persona. La ricerca di Elisa Merra parte dall’osservazione del comportamento umano riferito in particolar modo alla dipendenza e sente la necessità di andare a fondo, di indagare la ripetizione del gesto. Per riuscire nell’intento decide di approfondire una sua esperienza personale relativa al consumo del tè.

 

Così inizia a descrivere la sua dipendenza: segna l’ora e la data di ogni tazza di tè bevuta, annota se in compagnia o in solitaria e i relativi pensieri di quel momento, poi ne conserva ogni bustina svuotata del contenuto vegetale e la utilizza come materiale per la realizzazione di una scultura che richiama la muta di serpente. Trova una forte connessione con questo animale, conosciuto per il suo continuo rinnovamento che lo porta all’abitudine, o meglio alla necessità di cambiare completamente la sua pelle. In maniera analoga nella mitologia l’uroboro è simboleggiato da un serpente che si morde la coda ed è l’incarnazione dell’infinito, quindi della continua ripetizione. Ma “Lui, Oscar”- chiamato così dall’artista per “non prendere troppo sul serio la questione”- ha invece un inizio e una fine, diventa l’animale emblematico della ricerca ed Elisa cuce a mano, bustina dopo bustina attraverso un gesto ripetitivo e ossessivo, una muta lunga 15 metri.

Al termine di questo percorso liberatorio ogni pensiero è pronto per essere metabolizzato: lo incide con inchiostro edibile su carta di riso e lo ripone dentro capsule vegetali pronte per essere digerite e, di conseguenza, espulse definitivamente.

In parallelo a questo viaggio catartico dai toni alienanti e un po’ maniacali, crea un’installazione sonora decontestualizzata dall’immaginario collettivo, trasportando il partecipante in una nuova atmosfera più organica nella quale la ripetizione diventa la cura.

A cura di Cristina Meli

IG: @lee.subb