Uno di questi grandi mostri indotti è proprio la non percezione del corpo perché la società ha sempre mostrato il corpo, nella maggior parte dei casi quello femminile, legato ad una sfera di desiderio e vanità, dandogli così un’accezione negativa che lo traspone in una dimensione celata e non veritiera di cui non si deve parlare. Ma paradossalmente, se lo si mostra, lo si inscrive in un contesto destinato a un certo pubblico maschile. In Decrypt for- mat ho cercato di proporre il corpo da ri-abitare come campo d’indagine per le infinite possibilità che riveste invece nell’esistere per ciò che è e per ciò che può essere; un corpo che si fa simultaneamente catalizzatore, strumento comunicativo, una sorta di climatizzatore che permette una pulizia dell’ossigeno, fornendo la visione di una nuova possibilità di esistenza e di identità:riedificando quindi il concetto di corpo stesso. Interrogandosi sulle potenzialità delle tecnologie digitali, Gennifer Deri riflette sulla possibilità di fornire una nuova visione d’immagine e di spazio nel quale l’osservatore s’immerga ed inizi così a ri-significarsi e ri-percepirsi come persona, al di sopra di ogni differenza ed automatismo. Partendo dall’immagine di un corpo, che non è dato come il comune percepito piuttosto come percepibile e mutevole, l’artista arriva ad una sua elaborazione astratta e infinitesimale attraverso l’uso di diversi software algoritmici, con l’obiettivo di decostruire e modellare in forma nuova lo spazio-corpo in cui viviamo ed iniziare così ad abitarla in una forma nuova.