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THROUGH THE BLACK MIRROR

A fine giornata, improvvisamente, lo schermo spento del pc muta in specchio nero e opaco che, riluttante nel riflettere qualsiasi volto, rimanda solo un’ombra familiare, un alter ego in perenne ostaggio di lavoro, web e social.

L’immagine restituita è incerta e confusa, a tratti grottesca, ma conserva il magico potere di calamitare lo sguardo stanco. Nell’indagare un volto denso di rughe e chiaroscuri, che a sua volta ci scruta, la sorpresa è ritrovarsi all’improvviso da soli, a tu per tu con un autoritratto emerso dalle tenebre dell’inconscio e dell’individualità, laddove, fino a pochi istanti prima, si spalancava un varco verso una dimensione plurale, pubblica, digitale e globale.

Il monitor senza vita, scuro e muto, è il capostipite dei black mirrors, specchi svogliati e ribelli, che altro volevano fare nella vita, simulacri e proiezioni dei nostri desideri traditi.

Strumenti di riflessione loro malgrado, si rifiutano di svolgere il loro lavoro da banali impiegati, con la malcelata ambizione di scavare l’animo di chi si trova di fronte, rivelando segreti nascosti, dimensioni psicologiche ignote o verità assolute. L’obiettivo è andare oltre, togliendo, aggiungendo o deformando, non per riflettere ma per far riflettere chi guarda, conquistando dopo secoli di asservimento quell’agognata autonomia e indipendenza rispetto all’osservatore/padrone. L’ambizione li contraddistingue nel voler superare il grado zero delle proprie possibilità, ovvero scimmiottare in modo banale chiunque passi loro di fronte.

Spesso i più illuminati, dotati di profetico grandangolo, cercano di allargare il loro campo visivo all’umanità intera, mostrando gli aberranti aspetti del presente e le tracce e gli indizi di un possibile domani, ergendosi a monito e denuncia per chi insiste nel non voler vedere.

I black mirrors non appartengono a un ambito definito in modo programmatico, non sono specchi reali, ma virtuali, la cui vocazione è scavare dentro gli interlocutori, per mostrare le distorsioni sociali e collettive o intime e private.

Sono le verità scomode e l’inconscio, come il disagio contemporaneo e le distopie futuribili, a comparire e a essere messi in scena, situazioni da cui normalmente l’Uomo rifugge e che, a maggior ragione, dovrebbe affrontare.