Meet the Artist: quattro chiacchiere con ReBarbus

Vissia Giustarini (al secolo ReBarbus) lavora con un approccio multidisciplinare il cui centro focale è la fotografia: tra assemblage e collage tridimensionali, trasferisce in Arte la propria ricerca personale coinvolgendo l’osservatore in una continua sospensione e illusione materica.

Le tue coordinate, anagrafiche e geografiche.

Nata a Roma il 28/11/1971, vive e lavoro a Roma.

Definiresti il tuo percorso formativo lineare o atipico?

Il mio percorso formativo di studio è stato lineare, più atipico invece quello lavorativo.

Vissuto corporeo di ReBarbus, Foto assemblage (cornice a cassetta), 32,5x42,5 cm, 2019, Pezzo Unico

Ogni artista si differenzia per uno stile particolare, dato da una sommatoria di fattori differenti. La tua ricerca predilige un mezzo espressivo o una tecnica in particolare? Nelle tue opere vi è qualcosa di inevitabilmente ricorrente, a livello di soggetto o messaggio? Quali sono i tratti distintivi della tua ricerca? 

Nella mia ricerca artistica il mezzo che prediligo è quello fotografico. Mi occupo di collage e di assemblage tra elementi della natura morta e la fotografia. Essendo una persona curiosa e avendo alle spalle un percorso formativo artistico variegato non mi lego e non mi limito ad un mezzo solo, mi piacerebbe continuare a cercare e sperimentare altri mezzi.
Nelle mie opere è evidente il soggetto ricorrente della natura e del corpo trattato come elemento naturale. Credo che il tratto distintivo sia l’utilizzo di una terza dimensione. Le mie figure, i miei elementi si scollano dal fondo per venire in avanti verso l’osservatore come a coinvolgerlo a creare un punto di incontro, di contatto. Un gioco tra il reale e l’immagine, una sorta di sospensione e illusione materica.

Le tue fonti di ispirazione. Da dove scaturiscono le idee di nuovi progetti o lavori? Attualità, letture, circostanze casuali oppure ossessioni personali?

Ogni lavoro è preceduto da un periodo di letture e di studio. Parto da temi personali intimi e leggo molti testi di psicologia, simbologia, testi sulla natura, per poi lasciare un tempo di sedimentazione emotiva e creare successivamente l’opera. Mi occupo di fotografia terapeutica e la spinta iniziale è l’urgenza di comunicare, poi successivamente studio come renderla fruibile e comprensibile per l’altro, per l’osservatore.

Il primo amore non si scorda mai. Qual è l’opera o l’artista che in qualche modo ha lasciato un segno nel tuo percorso?

Non ho un artista in particolare, senz’altro posso dire che porto nel cuore le emozioni che mi hanno suscitata, e forse guidata, le opere di Ingres, Magritte e Frida Khalo. Mi sembra, però, riduttivo sceglierne solo alcuni.

Senza titolo di ReBarbus, Collage, 50x50 cm, 2018, Pezzo Unico

Il rapporto/confronto tra artista emergente e curatore: lo definiresti necessario, occasionale o superfluo?

Il confronto in generale lo reputo importante per la mia crescita, con un curatore lo reputo addirittura necessario, ma per ora non ne ho ancora beneficiato, se non occasionalmente e in maniera superficiale.

Stai lavorando a qualche progetto futuro in particolare? Una mostra o una serie di opere nuove?

Io lavoro sempre. Tutti i giorni per ore.E’ qualcosa che faccio prima per me se stessa e poi semmai la condivido.
Le mostre diventano solo un occasione per canalizzare meglio il lavoro. Ma sono in costante e continua ricerca.

MAS_che.ra di ReBarbus, Assemblage, 25x25 cm, 2020, Pezzo Unico

Se un giovane ti chiedesse un consiglio su cosa è indispensabile per un artista agli esordi? 

Non saprei. Al momento non mi definisco un artista, e comunque mi sento agli esordi io stessa, mi muovo in maniera molto istintiva, per curiosità, e finora sento di essere stata fortunata perché mi sono trovata sempre al posto giusto nel momento giusto. Il mio primo obiettivo è sempre stato elaborare e comunicare il resto ( mostre o eventi) è venuto per caso senza troppo strutturare o pensare.

La prima opera d’arte venduta segna una svolta, attesta il passaggio da un livello di produzione privato e personale a una dimensione professionale.  Che ricordi hai in merito? A parte la mera transazione economica, tra artista e collezionista normalmente si crea un rapporto elettivo di scambio reciproco?

Ho provato una sensazione forte, come di essere diventata visibile, mi sono sentita ascoltata. Non ero più in quello che io chiamo il mio “monologo interiore”, qualcuno provava piacere ad avere una mia opera come io provo piacere a comprare opere di altri artisti. Mi è sembrato un passaggio naturale. A forza di parlare, qualcuno che ti ascolta e ti vede alla fine lo incontri e allora ti sembra di non aver lavorato invano. Ho provato la forte sensazione di essere riuscita finalmente ad uscire da me stessa. Molto appagante emotivamente.

Per quanto riguarda il rapporto con i collezionisti non saprei, non ne ho ancora uno che abbia acquistato le mie opere. Ci sono delle stesse persone che hanno comprato diversi miei lavori e con loro ho instaurato un legame, mi piacerebbe pensare che possa essere così anche con un collezionista.

Tre hashtag indispensabili per definire la tua poetica e a cui non potresti mai rinunciare…

#naturamorta #assemblage #analogico

tempo imperfetto assoluto di ReBarbus, foto assemblage, 50x50 cm, 2019 Pezzo Unico

Focus on

Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipisicing elit, sed do eiusmod tempor incididunt ut labore et dolore magna aliqua.

Scopri Art Production →

Seguici