Murato fuori non vi feci caso

Murato fuori non vi feci caso

Sguardi sul confine

a cura di Mario Bronzino, Arianna Campanelli e Stefania Lo Porto

Riflettere sulla natura e sul valore dei confini, implica la possibilità di scontrarsi con considerazioni di stampo geografico e politico. Eppure, fornendo una più complessa chiave di lettura alla questione, il limite può essere inteso come inizio di un tipo di percezione soggettiva attraverso cui interpretare dinamiche socio-culturali e riguardanti la protezione identitaria.
Così, Georg Simmel (filosofo e sociologo tedesco) nel saggio Ponte e porta rivede, nell’abitudine di allontanare e distinguersi da qualcuno, una capacità umana nella quale è sottesa la condizione per generare collegamenti. Sin dalle sue radici etimologiche, infatti, il termine “confine” si basa sul principio secondo cui una barriera o un limite (finis) implicherebbe una linea di prossimità e affinità (cum); ciò nel tempo ha coinvolto mitologia, storia, sociologia, psicologia, architettura e paesaggio, pur rimanendo qualcosa che spingesse l’uomo a superarlo: si pensi a Icaro, che sfidando i confini designati da Febo pagò la sua tracotanza incontrando la morte o al viaggio di Ulisse, emblema della sfida ai limiti del mondo.
I confini dello spazio abitativo sono sempre più oggetto di studio, rivelando fra le sue suddivisioni costrutti psicologici e identitari dell’uomo. È evidente come l’essere umano non si limiti ad occupare un territorio, ma piuttosto lo interpreti in base alla propria esperienza e visione del mondo. Ciò che rende questo processo così affascinante è la sua intrinseca fragilità; la natura transitoria di questa interpretazione significa che lo spazio abitato è un luogo di vulnerabilità e incertezza, dove la propria identità e il senso di sicurezza sono costantemente messi in discussione.
Persino Seneca, in una delle centoventi Lettere a Lucilio, asserisce che nell’azione di proteggersi nella propria casa, sia in verità custodito l’istinto di nascondere i nostri lati peggiori e le nostre abitudini più scabrose.
Da questi presupposti è possibile riconsiderare il confine sotto nuova luce, tracciando delle nuove caratteristiche e precisando così l’identikit di quel comportamento –e delle sue motivazioni– che si attiva grazie all’esistenza di quella linea di separazione.
Ribaltando continuamente i valori originari del confine si instaura un nuovo tipo di interpretazione, che conferisce significati nuovi a tutti quei modi di relazionarsi alle linee visibili e invisibili, a quei limiti naturali o artificiali, svelandone paradossi e fragilità che aiutano a riflettere su se stessi e sul proprio modo di vivere, fatto di abitudini, desideri e luoghi metaforici.

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