Sara Zaghetto: da Torino a Cuba grazie alla residenza con Fucina des Artistas

SaraLe tue coordinate anagrafiche e geografiche.

Sara Zaghetto, 17 novembre 1994, Vicenza.

Quale tipo di percorso formativo hai seguito, lineare o atipico?

Sono sempre stata immersa nel mondo delle arti visive, non è stato difficile capire che il tipo di percorso di studi più affine sarebbe stato quello artistico. La scelta è stata la naturale conseguenza di una necessità, cominciando dal liceo artistico e proseguendo con gli studi accademici in pittura. A non essere stata lineare è stata la mia risposta ad un ambiente formativo pittorico, che ha però incentivato la sperimentazione e la ricerca attraverso il tentativo di andare oltre alla bidimensionalità che lo caratterizza.

Hai un mezzo espressivo o una tecnica privilegiata?

La scelta dei mezzi espressivi per me non è mai casuale, pur essendo inizialmente sempre istintiva. Cerco di instaurare un dialogo con gli elementi che utilizzo: in questo modo per me diviene naturale muovermi all’interno dell’installazione, dell’assemblaggio e del disegno; lavorare con dei materiali, delle tecniche o degli oggetti che evochino emozioni, che risveglino ricordi o che comunichino simbolicamente attraverso il valore affettivo o emozionale è la conseguenza del tentativo di rendere l’opera non solo parte del vissuto, ma di ricavarla da esso.

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shoes’ pebbles and what you left behind you left, scarpette da ballo, rami, chiodi, 30x20x25 cm, 2016, ©Sara Zaghetto.

Da dove scaturiscono le idee di nuovi progetti o lavori, cosa è che ti ispira maggiormente? Attualità, letture, circostanze casuali oppure ossessioni?

Essendo la natura umana il tema su cui lavoro, la mia prima fonte d’ispirazione è proprio la vita. A volte sono suoni, letture, ricordi, stralci di pensiero che provengono da lunghe conversazioni interiori o circostanze reali. Altre volte è semplicemente qualcosa nell’aria come la polvere sospesa nei raggi di luce. In sostanza, è dove si posa lo sguardo e dove si sofferma il pensiero.

Nel tuo fare arte cosa è inevitabilmente ricorrente come stile, materiale, forma, soggetto o messaggio.

È inevitabile per me parlare di un mondo interiore: il suo riflettersi negli oggetti del quotidiano e del corpo, primo limite e primo campo di battaglia, registro del ricordo e manifestazione dell’identità, insieme al declinarsi del sé e le questioni di fragilità, paradosso e limite sono i miei attuali campi di ricerca.

I tuoi punti di riferimento artistico. 

Mi affascina il mondo del folklore europeo che con i suoi racconti e tradizioni raccoglie una saggezza che non ha tempo e che con le sue simbologie funge da infinita risorsa per chi ha perduto la strada. Trovo molto interessanti artisti e fotografi contemporanei che riflettono sui piccoli drammi quotidiani, così come tutta la produzione artistica che riesce a far breccia nel sentimento, ad andare in profondità.

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©Sara Zaghetto

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Creare è come avere una bussola in mano: serve a trovare la strada. Lo scopo non è trovare risposte ma riuscire a porsi le giuste domande.

Stai lavorando ora a qualche progetto in particolare?

Attualmente sto lavorando sulla comunicazione, integrando scrittura ed immagine. È stato inevitabile soffermarsi e riflettere sul tema della sessualità, il primissimo scambio dove la comunicazione è connessione e la parola cerca di definire ma fallisce. Inoltre, dalla residenza a Cuba è nata una collaborazione che mi impegnerà nello stesso campo di ricerca, ma in chiave installativa.

Cosa è indispensabile per un artista agli esordi?

Per me che gli “esordi” sono l’attuale presente, posso dire che l’unica verità che conosco è che non c’è mai abbastanza lavoro alle spalle. All’inizio del proprio percorso e per tutta la sua durata è indispensabile mantenersi attivi continuando a cercare nuove soluzioni al proprio lavoro e nutrimento per la propria ricerca, mantenendo freschezza ed integrità, che è la vera difficoltà.

Il rapporto/confronto tra artista emergente e curatore: necessario, occasionale o superfluo?

È qualcosa in cui ci si imbatte per forza di cose se si mantiene un’apertura verso l’esterno; credo che le collaborazioni siano sempre una possibilità di crescita ed arricchimento per entrambe le parti. Penso al rapporto fra curatore ed artista come un incontro di polarità che completandosi rendono completa la produzione, senza snaturarne l’essenza.

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winter flowers, tarlantana, rami, cucito, 40x35x6 cm, 2017 ©Sara Zaghetto

Il collettivo Fucina des Artistas durante la scorsa edizione di Paratissima ti ha premiato tra tutti i candidati per trascorrere una residenza di un mese a Cuba. Come si è svolta la tua permanenza? A quale progetto hai lavorato?

Cuba è stata un’epifania: entrare in contatto con delle realtà così diverse e così complesse come quella cubana, permette di avere una diversa chiave di lettura dell’intera esistenza e di rivalutare tutto ciò che la compone. Per me è stato un viaggio in profondità verso l’essenza delle cose; le difficoltà che caratterizzano pressoché ogni aspetto della vita a Cuba forzano la ricerca di nuove soluzioni, aprendo porte e svelando sentieri.

Ogni luogo è un universo a sé, e quando la distanza è così accentuata non solo geograficamente anche la comunicazione diventa difficile: anche trovando le parole, non sai mai se ciò che pensi sia condiviso, a causa del della diversità – in questo caso fortemente dettata dalla storia – del contesto. Nel mio lavoro questa difficoltà si è riversata totalmente; non riuscendo a comunicare la complessità che le esperienze quotidiane suscitavano, i miei monologhi interiori si sono intensificati e il mio “dentro” si è fatto molto più caotico ed affollato di quanto potessi effettivamente estroflettere: sono nati così gli acquarelli e i collage a cui ho lavorato in residenza, dove riflettevo sulla difficoltà di percepire e scindere la realtà reale da quella percepita soggettivamente, difficoltà che emerge in un contesto dove la parola chiave è incomunicabilità.

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https://sarazaghetto.tumblr.com/

https://www.behance.net/sarazaghetto

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