Germain Ortolani

Germain Ortolani

Germain Ortolani, consegue la maturità in Arti applicate all’industria in Francia. Dopo studia psicologia presso l’Università di Nizza Sophia Antipolis. Nel 2016 acquisisce il DNAP in arte e scenografia presso il Pavillon Bosio (ESAP) Principato di Monaco. Laureato del biennio in scultura nel 2019 presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo. Nel 2019 frequenta il Politecnico di Palermo, in Urbanistica. Dal 2020 vive e lavora a Nizza.

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Il lavoro di ricerca

L’artista pone l’attenzione su alcune contraddizioni e incongruenze che riguardano i materiali edili, in particolare il cemento, che predilige nella realizzazione della scultura progettato per durare in eterno, che talvolta rivela la sua fragilità, con una temporalità variabile. Usa l’architettura e il suo rapporto al tempo come mezzo espressivo. L’estetica del lavoro rimanda al movimento moderno e brutalista, prendendone in prestito le forme rigide e sicure, giocano con le loro stranezze strutturali, spesso all’interno di una scacchiera urbana mutevole, come queste utopie formali di inizio secolo, diventate distopie sociali.

ÉCHEC

L’artista, scrive Alberto Savinio, pittore, musicista, letterato, fratello di Giorgio De Chirico, ha la capacità di osservare la Natura nelle sue spaventose verità intrinseche e, per pudore, non può che mascherare quanto vede nel filtro necessario dell’ironia. «È questa ragione che induce l’artista, sé malgrado, a deformare in qualche modo, nel riprodurli, gli aspetti terribilmente chiari che egli percepisce» o, in termini nietzschiani, a «dar loro una superficie e un’epidermide che non abbia una piena trasparenza».

L’epidermide dei mattoni di Germain Ortolani è tutt’altro che trasparente.

C’è la pesante essenza del mattone, in parte esposto nella brutalità della sua superficie nuda e grezza, in parte rivestito di una pelle lucente in ceramica o imprigionato dentro contrafforti in ferro privi di una qualsiasi funzione statica.

Ortolani, nato a Nizza e artisticamente cresciuto a Palermo, usa il filtro dell’ironia per affrontare il paradosso sistemico insito nell’utopia, specificatamente nell’utopia urbanistica.

I mattoni, già denaturalizzati nel rovesciamento della loro usuale posizione funzionale, si stagliano di fronte a noi come soldati sull’attenti, pronti ad affrontare una battaglia di cui noi siamo allo stesso tempo bersagli e giocatori solitari. Come in una partita a scacchi, in cui però l’avversario manca o, meglio, lo siamo noi stessi.

Échec in francese ha un duplice significato. Deriva dal persiano chāh, re, che per estensione si riferisce al gioco degli scacchi, ma nello specifico indica il momento in cui il re è sotto minaccia, in procinto di un’irrimediabile caduta. Échec assume perciò anche il significato di fallimento, termine culturalmente così crudele che raramente lo si sente utilizzare.

Attraverso la simulazione del gioco degli scacchi, Ortolani svela il fallimento che sta alla base dei sogni urbanistici, mettendo a nudo con l’ironia le conseguenze distopiche che esse, pur nate sotto le migliori intenzioni, creano nei contesti sociali. Nella mente passano così in rassegna, ad esempio, i sogni lecorbusieriani dell’Unité d’Habitation, luoghi in cui offrire ai meno abbienti spazi di condivisione multifunzionali, concretizzatisi in Italia nelle Vele di Scampia a Napoli o in Corviale, altrimenti detto il Serpentone, a Roma. È questo il fallimento della città ideale, che una volta messa a sistema, diventa la prima causa del disagio sociale. È questo lo scacco matto dell’urbanistica, dove chi decide le mosse non è colui che subisce le conseguenze di una partita destinata a perdersi.

Tra le pedine in campo ci sono anche i mattoni realizzati con materiali di riciclo, come il cartone. Paiono anch’essi forti e resistenti come gli altri in cemento: sembrerebbe una nuova utopia possibile quella della sostenibilità, se non fosse che il legante al loro interno è composto da una colla sintetica. La via del fallimento della sostenibilità non si è ancora aperta perché il processo stesso della sostenibilità deve ancora iniziare. Quello che Ortolani nella crudeltà dell’ironia vuole qui svelarci è che, in vero, una partita sulla sostenibilità non esiste perché ciò che non è sostenibile è il nostro distopico sistema sociale.

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